07/12/2002 
Rev. 27/05/2006

COME È FATTO UN PIANOFORTE

 

Il pianoforte è, senza dubbio, lo strumento più completo dal punto di vista espressivo e acustico nel campo degli strumenti tradizionali. Nonostante questo è difficile trovare note tecniche o descrittive riguardanti la sua costruzione. Ecco quindi una breve descrizione delle parti principali di un pianoforte e sulla loro origine. Pur non essendo un musicista mi permetto ugualmente di introdurre un articolo di questo tipo per il mio amore verso i pianoforti. Qualunque essi siano, devono essere sempre amati. Le parti di cui è fatto un pianoforte sono le seguenti:

 

La cassa o mobile
La tavola armonica
La piastra
Il somiere
Le corde
La tastiera
La meccanica
La pedaliera

 

La cassa o mobile

È la parte esterna, e quindi più nota dei pianoforti. Di tipi ce ne sono principalmente due e, in particolare, i modelli verticali e quelli a coda. Si distinguono, a parte l'evidente aspetto estetico, per la posizione della piastra e quindi delle corde che sono quindi rispettivamente in verticale od in orizzontale. Sia nel primo che nel secondo caso le dimensioni delle corde, in lunghezza, distinguono la classe strumento ma, mentre per i verticali le differenze sono minime, per i pianoforti a coda ci possono essere differenze enormi. In particolare per verticali si va da un'altezza minima 95-98 centimetri ai 130 e anche 140 centimetri. Nel tempo il mercato ha rifiutato le misure minime per la sonorità troppo squillante, e i problemi d'estetica e di arredamento hanno eliminato le misure massime. In pratica la misura classica di un pianoforte da studio va da 104 a 112 centimetri.
Per i pianoforti a coda le dimensioni variano tra i 140 centimetri di lunghezza, i così detti "quarto di coda", fino ai 280 centimetri dei "tutta coda" o "gran concerto", passando per i "mezza coda" da 160 centimetri e i "tre quarti di coda" intorno ai 220. Nel caso dei pianoforti a coda la dimensione fa il prezzo, molto meno nei verticali. Parleremo, anche per motivi di conoscenza personale, in particolare dei pianoforti verticali: i coda sono comunque assai simili a parte il suono e il costo.

La cassa del pianoforte, anche se può meravigliare, si comporta più o meno come il mobile di una cassa acustica degli impianti hi-fi. L'altoparlante, in questo caso è costituito dalla tavola armonica, un enorme altoparlante di oltre un metro quadro nei verticali, e due o addirittura tre nei coda.
Il suono, che esce dalla parte posteriore dello strumento, viene trattenuto nella parte anteriore dal legno del mobile e quindi smorzato. Un pianoforte completamente aperto, a meno che non sia espressamente progettato per questo modo di lavorare, come i pianoforti a coda, suona peggio di quando è chiuso. Questo è il motivo per cui la cassa viene costruita con materiali in qualche caso davvero poveri. Le parti principali del mobile anno le seguenti denominazioni:

 

fianchi
specchiera superiore
specchiera inferiore
coperchio tastiera, detto anche "cilindro"
coperchio superiore

Gran parte di questi elementi è facilmente smontabile senza l'uso di attrezzi semplicemente spostando dei perni o chiusure scorrevoli, poste in genere all'interno della cassa. É fondamentale, per la pulizia e l'accordatura che siano rimovibili facilmente i due coperchi, quasi sempre incernierati, e le due specchiere: sovente ad incastro semplice.

Queste varie parti, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono mai costruite in legni pregiati masselli. Esse sono formate da un'anima in materiale acusticamente il più inerte possibile, rivestito all'esterno da un legno più pregiato e per questo troppo "canterino" per essere usato in massello. In teoria se il mobile del pianoforte fosse di marmo o cemento il suono, sembra assurdo, sarebbe ancora più pulito: per il trasporto sarebbe invece un po' peggio.

L'anima dei pezzi è molto spesso di legno compensato a più starti possibile o, sembra una bestemmia anche se acusticamente è molto inerte, in legno truciolare. Oggi sono molti i pianoforti, specie economici che usano questo materiale e, va detto, il suono è buono. Certo un gran coda da 50 mila Euro, in truciolare, non esiste ancora ma; non mi meraviglierei. Il rivestimento di queste parti, non proprio belle a vedersi, è eseguito con una impiallacciatura: I legni usati per questa operazione possono essere i più disparati: noce, mogano, palissandro, teak, rovere.

Altra cosa da sfatare: il costo dello strumento non è comunque legato al tipo di legni usati per il rivestimento. In gran parte il costo deriva alla bontà degli altri materiali e della lavorazione. La qualità del legno di finitura é quindi una conseguenza ma non una scelta. La finitura, verniciatura, del mobile viene quasi sempre fatta con vernici poliesteri di tipo mezzo lucido, lucido o satinato. La bontà di questa verniciatura pur non incidendo sul suono incide sulla durata estetica dello strumento: si tenga conto che riverniciare un pianoforte non è esattamente una sciocchezza.

 

La tavola armonica

 

Presente in tutti gli strumenti a corda, é la parte di gran lunga più importante ed è anche, in questo caso, quella più nascosta. Nei pianoforti la tavola armonica infatti è il fondo dello strumento. Spesso, nei pianoforti verticali, i più diffusi per prezzo e ingombro, essendo questa la parte posteriore, viene accostata al muro, tanto vicino in certi casi da uccidere tutte le buone qualità sonore che lo strumento aveva.

La tavola armonica è formata da una serie di listelli di legno, dello spessore di 6 - 8 millimetri, larghi da 8 a 12 centimetri, meglio vicino a 10, uniti tra loro con un incastro maschio e femmina incollato fortemente. La verniciatura della tavola armonica, che qualche incompetente ritocca malamente o addirittura rovina con adesivi o altre schifezze, è in genere una leggerissima mano di una sostanza impregnante acusticamente trasparente. Riverniciare una tavola armonica è un'operazione che richiede di smontare completamente lo strumento ed occorre, come minimo, un signor liutaio.

Il legno usato per la costruzione deve essere assolutamente perfetto, del tutto esente da nodi, ed avere la fibra fine e regolare, gli anelli annuali di accrescimento del legno devono essere perpendicolari al piano della tavola. Una qualunque deformazione di questa parte renderebbe il pianoforte un oggetto del tutto inutile: non suonerebbe più!

Particolarmente usato per questa parte è uno speciale tipo di abete, detto "acustico" con caratteristiche di struttura particolari. Il migliore abete per le tavole armoniche proviene dalla Romania, dalla Germania e, in Italia, da alcune valli del nord. Da ormai molti anni si è cominciato ad usare, a causa della scarsità di essenze Europee, dei buoni legni nordamericani e canadesi, anche questi dalle notevoli qualità sonore.

I vari elementi di cui è formata la tavola armonica devono essere uniti in modo che le fibre abbiano andamento obliquo, in genere, dal basso a sinistra verso l'alto a destra, guardando la parte anteriore del pianoforte. Nella stessa direzione e sempre sulla parte anteriore, quindi dentro alla cassa, sono incollati i ponticelli.

Essi hanno il compito di trasmettere il suono dalle corde alla tavola armonica, e sono ricavati da legni duri come il faggio o l'acero, opportuna-mente lavorati per ricevere al meglio le vibrazioni delle corde che vi appoggiano.

Sulla parte opposta della tavola armonica, quindi dietro o sotto al pianoforte, e in direzione perpendicolare a quella dei ponticelli e delle fibre della tavola stessa, sono incollate le così dette "catene": si tratta di listelli di abete a sezione rettangolare, o meglio smussata e sagomata in maniera tondeggiante, che servono da sostegno e rinforzo della tavola armonica: vedi fine del capitolo.

Esse hanno anche il compito di compensare e interrompere le forti differenze nella velocità del suono che attraversa la tavola armonica. Infatti, nel senso parallelo alle fibre, la velocità è di circa 4500/5500 m/sec., in senso ortogonale alle fibre è molto minore, circa 800/1200 m/sec. Le catene permettono quindi di rendere più omogenea la distribuzione delle onde acustiche sulla sua superficie impedendo la formazione d'onde anomale.

La tavola armonica, ance se così sembrerebbe a vederla, non è perfettamente piana, ma invece convessa o, se preferite, "bombata" verso la parte interna dello strumento ovvero verso i ponticelli: questa curvatura viene chiamata la "carica" dello strumento.

Questa convessità è importantissima al fine della qualità sonora dello strumento e ogni costruttore usa i suoi trucchi e le sue tecniche per calcolarla e per avvicinarsi alla perfezione. Se per caso mancasse la "carica", lo strumento prenderebbe un suono cupo ed ottuso. Se la carica fosse esagerata lo strumento sarebbe fastidiosamente squillante e la tavola potrebbe durare molto meno del previsto.

Ricordiamo che sulla tavola armonica grava il carico delle corde, oltre 200, ognuna "tirata", durante l'accordatura con decine o centinaia di chili di trazione. Per questo motivo il pianoforte non dovrebbe mai essere messo in posto troppo umido o, quasi peggio, troppo secco. I carichi enormi che vi sono sulla tavola armonica, uniti alle variazioni esagerate di umidità, potrebbero con il passare del tempo danneggiarla rendendo lo strumento inutilizzabile salvo lavori di riparazione assolutamente non convenienti, se non si tratta di uno strumento di grandissimo pregio.

 

La piastra

Questa parte, la piastra, era un tempo realizzato in legno e veniva anche chiamata "griglia". Questo componente serve a trattenere le corde all'interno del pianoforte. A causa degli enormi sforzi che deve reggere, e alla sua quindi ben breve vita se realizzato in legno, si decise di usare, almeno negli strumenti di pregio, una fusione di ghisa. Oggi questa soluzione è universalmente utilizzata, anche per evitare di dover accordare lo strumento ogni quindici giorni. Una fusione detta, anche per il suo aspetto, "arpa" e che serve a trattenere le corde e il loro carico, senza manifestare, nel tempo movimenti o assestamenti disastrosi. La tensione delle corde, anche se può sembrare impossibile, raggiunge complessivamente le 15, 20 tonnellate di forza. Per chi non ci crede basterà moltiplicare 200, il numero per difetto delle corde di uno strumento, per il loro singolo carico di accordatura, che può essere di diverse decine di chili. Questa tensione corrisponde, come abbiamo già visto, ad una trasmissione, ortogonale, di pressione di circa 200-400 kg. sulla tavola armonica su cui poggia e su cui le corde trasmettono il suono attraverso i ponticelli. Il piano, virtuale, su cui poggiano le corde si chiama tecnicamente "il letto".

 

Il somiere

Un altro elemento importante è il somiere: si tratta di una tavola che negli strumenti di pregio si ricava da del faggio selezionato e massiccio, mentre negli strumenti un po' meno raffinati si ottiene da pannelli compensati e sempre di legni molto duri.

Nel somiere sono infilate le caviglie dette anche "bischeri", cilindri fatti di buon acciaio e lunghi 50, 60 mm. Su ogni caviglia viene avvolta una corda; ognuna di queste viene tirata, per accordare lo strumento, con una tensione che va da circa 35 kg per le corde alte ai 75-100 Kg delle corde basse. Le caviglie devono essere strette nel somiere con grande forza in modo da non cedere e ruotare sotto la tensione della corda che vorrebbe farla girare, ma, e nello stesso tempo, l'attrito che si genera tra il legno e l'acciaio deve essere tale da non impedire il movimento rotatorio che occorre per l'accordatura.

Per questo motivo il materiale con cui viene costruito il somiere deve corrispondere a ben precise caratteristiche: si pensi anche che questa tavola, di dimensioni abbastanza limitate , deve sopportare oltre 200 caviglie, ovvero altrettanti fori, quasi tutti posti vicinissimo l'uno all'altro. Non si è ancora trovato un sistema meccanico valido, e un po' più moderno, per sostituire questo importante elemento che ancora viene costruito in legno.
La perdita di accordatura dei pianoforti è dovuta al 90% proprio al somiere.

 

Le corde

Le corde, in un pianoforte , possono essere in numero variabile ma generalmente sono circa 220.
In origine, quando le corde erano tese in verticale, dall'alto in basso, le corde erano molto più corte e in minor numero di adesso.
Con il tempo si arrivò all'attuale configurazione in cui le corde sono disposte in modo obliquo rispetto al mobile e incrociate tra loro.
Da qui il nome di "pianoforte a corde incrociate".
Le corde sono fatte di materiali diversi a seconda che vengano usate per il registro basso, medio, o acuto.

Le corde "alte" sono fatte di acciaio armonico, come quelle delle chitarre anche se più spesse, e si chiamano anche "corde bianche".
Una piccola parte di queste verso il centro della scala, tastiera, e vicine all'incrocio sono rivestite leggermente con filo sottile di rame.

Per il registro basso, per avere una buona sonorità, le corde devono essere quanto più lunghe possibile, vengono quindi disposte diagonalmente incrociandole con quelle del registro medio e acuto. Le corde dei bassi sono fatte da un'anima in acciaio armonico molto robusto e rivestita con avvolgimento a spirale di grosso filo di rame.

Il motivo del filo di rame intorno alle corde è perché, per raggiungere il diametro necessario al suono, con il solo acciaio si otterrebbero corde esageratamente grosse e rigide: in pratica suonerebbero malissimo. Il rame offre quindi un ispessimento senza irrigidimento meccanico e acustico.

 

La tastiera

Anche le tastiere, come per le meccaniche, richiedono una alta specializzazione, tanto che spesso sono fatte da aziende specializzate che poi rivendono ai costruttori di pianoforti i loro prodotti.

I tasti sono fatti di legno di abete, di ottima qualità, o con legni analoghi. Fondamentale è che le tavole da cui sono ricavati i tasti siano perfette, senza nodi e con gli anelli annuali tangenti ad una delle facce delle tavole stesse. Si pensi che se ogni tasto si gonfiasse nel tempo magari di un decimo di millimetro, da cima a fondo della tastiera, avremmo uno spostamento di quasi un centimetro. Basta un quarto di questo per rendere inutilizzabile la tastiera. I tasti delle note naturali (tasti bianchi) sono rivestiti attualmente con materiale plastico. Un tempo si usava l'avorio, ma questo ora è riservato agli strumenti più cari e soprattutto ai coda: ormai quasi solo un ricordo.
Così, pure di materia plastica, sono rivestiti i tasti neri; l'ebano ha seguito la sorte dell'avorio.

L'estensione della tastiera è, nei pianoforti moderni, generalmente di 88 note (7 1/4 ottave).
Il telaio della tastiera, quella parte che la sorregge, è fatto in abete o faggio.
I tasti sono, in genere, infilati se delle punte dette "guida tasti" e fissate sul telaio che porta la tastiera.
Un altro elemento, simile, è posto nella parte anteriore del tasto impedendogli i movimenti trasversali.

 

La meccanica

Se la tavola armonica è la parte più delicata dal punto di vista acustico la meccanica è la parte più costosa e complessa dello strumento.
La meccanica serve, interposta tra la tastiera e le corde, a far sì che, ad ogni pressione dei tasti corrisponda una "battitura" delle corde attraverso i martelli feltrati della meccanica.
Quasi mai le aziende che producono pianoforti producono anche la meccanica, e vediamo perché.
Questa è un complicato insieme di pezzi, leve, rinvii, freni, nastri, molle, replicati per ognuno degli 88 tasti di cui è composta la tastiera.
I pezzi sono quasi tutti in legno e lavorati con precisioni che spesso arrivano a mezzo decimo di millimetro, un numero impressionante se si pensa che si sta parlando di un simile materiale.
Si pensi anche che una meccanica è fatta di un numero di pezzi enorme che può arrivare, per quelle più pregiate, a 5000 parti distinte: quasi 60 per ognuno degli 88 tasti.
I legni utilizzati possono essere il carpino, l'acero, il mogano, il noce.

Il feltro che ricopre le parti meccaniche, in urto o sfregamento, svolge un compito importantissimo, tanto che viene scelto e selezionato con criteri particolari: sopra a tutto il feltro dei martelli, quello cioè che va ad urtare le corde.
L'azione di un singolo tasto provoca le seguenti reazioni.

Premendo il tasto, alla cui estremità posteriore è avvitato una testa metallica detta "pilota", si sposta verso l'alto il primo pezzo della meccanica detto "cavalletto.
Al cavalletto è incernierata una leva detta di "scappamento" che trasmette il movimento verso l'alto alla noce del martello: la parte bassa di questo.
Alla noce è incollato lo "stiletto" del martello che porta in fondo il "martello" vero e proprio.
Al termine dell'azione questo va ad urtare le corde dello strumento.
Nel frattempo è stato alzato lo "smorzo", una specie di cuneo feltrato che blocca quella o quelle corde connesse a quel tasto, per lasciarle vibrare.

Queste parti sono tutte appoggiate su di una barra detta "alzasmorzi" che vedremo dopo.
Lo scappamento serve ad evitare che il martello rimanga contro la corda e per questo, circa 2 mm. prima che urti la corda, entra in azione impedendogli di rimanere li fermo o di rimbalzare.
I "freni" evitano che il martello compia la corsa completa, e quindi, se si suona velocemente permette di ottenere una migliore ripetizione.
Rilasciando il tasto lo smorzo torna a bloccare la o le corde, e il martello ad appoggiarsi sul suo supporto di feltro.
E da notare che gli smorzi sono usati solo fino ai primi acuti.
Le note più alte non hanno infatti bisogno dello smorzo essendo corte e fortemente tese: in pratica lo smorzamento avviene da se ed in modo rapido.
Temo però di non essere stato molto chiaro.

 

La pedaliera

Una parte importante dell'espressività del pianoforte è data dalla pedaliera.
Questa è in genere costituita da due o tre pedali. Il pedale destro viene usato, premendolo, ad azionare la leva "alzasmorzi": in questo modo tutti gli smorzi della meccanica si alzano dalle corde, che possono così continuare a vibrare liberamente. È usato per ottenere suoni un po' più "impastati" e gli effetti di "legato".
Il pedale sinistro è invece una specie di sordina che serve a produrre sonorità più attenuate, azionandolo, si spostano in avanti, quindi verso le corde, tutti i martelli, riducendo così la corsa che questi fanno prima di colpire le corde. In pratica viene ridotta la forza di battuta sulle corde. Alcuni pianoforti verticali hanno anche un pedale centrale che serve da vera e propria sordina. Il meccanismo consta di una striscia di feltro fissata ad una barra di legno o metallo che, abbassandosi, rasente alle corde e sulla "linea di battuta", si frappone fra corde e martelli. Il suono viene attenuato fortemente. Ovviamente si usa solo per non disturbare le persone vicine: il "tocco" che ne risulta è infatti notevolmente alterato.

 

 

Note di manutenzione

Non tenere mai lo strumento in luoghi con umidità relativa fuori dal normale. Il troppo umido può deformare i legni sotto carico, mentre il troppo secco può generare spacchi negli stessi pezzi. Cantine o mansarde sono da evitare in maniera assoluta se non ottimamente ventilate.

Non tenere mai lo strumento vicino a fonti di calore o direttamente esposto alla luce solare, le variazioni termiche brusche possono distruggere la sonorità dello strumento, e le finiture e le verniciature si rovinano in pochi mesi.

Non tenere non accordato lo strumento o peggio completamente disaccordato e magari con le corde scariche. Scaricare le corde vuol dire, in molti casi perdere per sempre la sonorità del pianoforte. La tavola armonica potrebbe infatti danneggiarsi. Il pianoforte andrebbe accordato almeno una volta all'anno. Non si esageri comunque nemmeno in questo: il somiere non gradisce le continue manomissioni, specie se vecchio.

Non tentare mai di accordare da soli uno strumento se non si è dei professionisti del settore: rovinare un somiere o spezzare una corda è più facile di quel che si crede. Cambiare una corda con una esattamente uguale è assai complicato: cambiare il somiere quasi impossibile.

Non appoggiare nulla sul mobile, tipici candelieri portacenere e altre cianfrusaglie. Non vi passi nemmeno per la testa di appoggiarci sopra bottiglie o bicchieri. La caduta di un bicchiere, pieno, sulla tastiera vi potrebbe costare carissima.

Se vivete in una casa in cui spesso viaggiano i soliti piccoli topi campagnoli, è molto più comune di quel che si creda per chi abita fuori città, porre sul fondo dello strumento una o due bustine apposite contro questi animali. Non avete idea di come gli piacciano i feltri e i legni naturali della meccanica.

Non usare prodotti per la pulizia aggressivi e sopra a tutto, non usare nessun prodotto all'interno dello strumento: i legni, che all'interno sono spesso non trattati, potrebbero reagire male a sostanze non adatte.

 

Di Paolo Lavacchini