Inserito il 31/10/2004

Aggiornato il 07/11/2004

 

 

 

La pulizia dei sistemi ottici

 

Sembrerà strano ma la maggior parte dei guasti, anche gravi, che subiscono gli strumenti ottici amatoriali sono dovuti proprio ad una errata manutenzione. Anzi, la stranezza è che la manutenzione è troppa e troppo frequente oltre che, spesso, fatta male. Guardiamo da vicino il problema.

 

 

La durezza del vetro

 

Il vetro è da molti considerato come qualcosa di durissimo, tanto da farne quasi una pietra di paragone,  nel normale lessico, di durezza e resistenza alle azioni meccaniche. Nulla di più errato. In realtà esistono sì vetri durissimi, si pensi al vetro degli orologi o al vasellame da cucina. Si tratta però di vetri che poco o nulla hanno a che fare con l’ottica. Sono infatti vetri che vengono temperati in maniera profonda e addirittura trattati con vapori ad altissima temperatura per l’indurimento superficiale. Il famoso vetro zaffiro è uno di questi.

Certo, se facessimo le lenti in Sapphire (AL2O3 ) con i suoi quasi 2000 Knoop non ci sarebbero problemi… salvo il suicidio del conto in banca. In ottica comune, specie rifrattiva, il vetro è invece volutamente scelto morbido, sia per questioni di lavorazione e quindi di costo del manufatto sia per gli elementi aggiunti al vetro stesso per modificarne l’indice di rifrazione rendendolo adatto ai bisogni del progettista ottico.

Un vetro ottico, ancorché di ottima qualità, può essere graffiato senza problemi anche con un pezzo di plastica dura.

Ecco quindi che dovremo sempre avvicinarci alle lenti con molto rispetto. Diverso è il discorso per le lenti riflettive, specchi, che sono in genere di vetro Pirex® piuttosto robusto e più duro dei vetri precedenti. Anche qui c’è comunque il problema che segue.

 

 

I trattamenti ottici

 

Come se non bastasse la morbidezza del vetro ottico ci sono anche i trattamenti. I trattamenti sono onnipresenti oramai su qualunque ottica che si rispetti. Se si tratta di un’ottica rifrattiva il trattamento antiriflesso, spesso tre, quattro, o più strati , avvolge la lente su ogni superficie. Ognuno di questi strati, deposti con sistema a vapori, ha uno spessore talmente piccolo da essere comparabile con le lunghezze d’onda della luce che vogliamo vedere: ovvia la delicatezza.

Per i più curiosi diciamo che lo spessore medio è 100nm, cioè di 0.1um ma può scendere nel caso di trattamenti multilayer anche a soli 50nm per strato.

 

Se si tratta di uno specchio, oltre al logico strato di alluminatura, vi è una serie di trattamenti questa volta riflettenti, che rendono lo specchio molto più trasmissivo. I trattamenti, tutti, possono essere, volendo, anche molto duri, al punto che una norma specifica MIL-x-675 ne dichiara le caratteristiche, in base alla lettera (x),  necessarie per un uso rude dell’ottica. Si pensi agli usi marini o militari. In pratica nessun costruttore di telescopi amatoriali, se sano di mente, userà mai simili trattamenti. Il loro costo, è il caso dirlo, è astronomico. Occhio quindi a come trattate le lenti. Pensate che uno dei metodi per controllare la bontà di un trattamento è quello di attaccarvi un piccolo pezzo di nastro adesivo è poi strapparlo. Vi sembrerà strano ma molti dei trattamenti più delicati rimangono attaccati al nastro stesso. (Non) provare, per credere!

 

 

Lo sporco

 

Lo sporco lo possiamo dividere in due grandi categorie. Quello dovuto alla polvere e quello dovuto ai residui organici: ditate, fumi, eccetera. Il primo tipo di sporco, la polvere, non ha in pratica nessun effetto sulla lente. A meno  che non sia uno strato alto un dito sarà quasi impossibile apprezzarne gli effetti solo con un’analisi visiva. Fate conto di avere un filtro leggerissimo sulla pupilla d’entrata.

Ben diverso il discorso per i residui organici. Questi tendono infatti a modificare il cammino dei  raggi luminosi e a creare quindi effetti visibili, come aloni o strane aberrazioni. Inoltre se il deposito è dovuto alle ditate, cosa tipica, il residuo essendo sudore umano e quindi acido, è in grado di attaccare, col tempo, anche il trattamento, rovinandolo. Se poi lo strumento è usato in ambienti, come si suole dire, ostili, ad esempio vicino ad una cucina, il danno è fatto. In questo caso si formerà uno strato quasi solido di polvere e grassi che oltre a danneggiare i trattamenti impedirà il funzionamento dello strumento. Occorre pulirlo per forza.

 

 

La pulizia

 

Qui se ne sono sentite di cotte e di crude. Addirittura c’è chi consiglia di mettere gli specchi dei riflettori nel lavandino e lavarli con acqua corrente e sapone da piatti… Non ci sono parole!

Il problema ad essere onesti è complesso. Se si usano simili tecniche da parte di esperti che sanno quel che fanno può essere ancora accettabile. La stessa Celestron consiglia di usare dosi microscopiche di sapone da piatti e acqua distillata per la pulizia. Dato però che nessun astrofilo dilettante ha una presa per acqua demineralizzata al 99.99% come nei laboratori di ottica, né tanto meno saponi specifici il risultato è, normalmente, un danneggiamento del sistema ottico.

È bene ricordare che nel caso tracce di calcare essiccassero sulla lente la probabilità di toglierle a posteriori senza danneggiarla è pari allo zero.

 

 

Pulizia meccanica

 

La pulizia meccanica è quella che possiamo fare, al massimo una volta ogni sei mesi, e non di più, con l’ausilio di un pennello morbidissimo che avremo comprato in un negozio di ottica. Non ci provate con il pennello da imbianchino che avete in garage perché altrimenti farete danni grossi. Con il pennello da ottico, meglio se di pelo di cammello e dotato di pompa per l’aria, si passi sulla superficie sempre a partire dal centro verso i bordi o, al massimo, a zigzag sulla lente badando bene di arrivare sempre oltre al bordo. Il trucco sta infatti nell’evitare che il pennello si porti dietro il sudicio a spasso per la lente invece che rimuoverlo facendolo cadere dal bordo della lente stessa. Questo vuol dire, di norma graffiare la lente. Il motivo per cui è vietato nella maniera più assoluta di usare movimenti concentrici, quel movimento che invece vi verrebbe naturale, è proprio questo. Portereste solo a spasso la polvere senza pulire un bel nulla. Non solo. Per motivi di ottica, che no sto ad analizzare, una serie di graffi radiali alla lente non comportano quasi nessun effetto visivo. Una serie di graffi concentrici alterano anche gravemente il funzionamento della lente fino a degradarne le prestazioni in maniera clamorosa.

 

Eseguire l’operazione delicatamente senza mai gesti bruschi e senza premere. Se non si ha un pennello si potrebbe usare un fazzolettino di carta bianca ma mai usare stoffa, di qualunque tipo, o cartine colorate.

In tutti e due i casi possono lasciare residui sul trattamento ineliminabili. Si tratta però, comunque, di un’operazione sconsigliabile a meno che non si abbia carta specifica per pulizia ottica. Anche in questo caso operare esattamente come con il pennello senza fretta e senza premere, cambiando il fazzoletto ogni poche passate. Ricordatevi che un pacchetto di Klenex costa un millesimo o meno della lente che state pulendo.

 

 

 

Pulizia chimica

 

Quando si deve eliminare dalle superfici tracce organiche la pulizia deve per forza essere di tipo chimico. E qui, di norma, accade il danno che si diceva in apertura. Nonostante che qualcuno insista con teorie strampalate, l’unica cosa da farsi in questi casi è dotarsi di alcool isopropilico. Attenzione, non è vero che tutti gli alcool sono uguali. Mentre l’ isopropilico è compatibile con i trattamenti delle lenti e poco aggressivo quello denaturato della mesticheria, alcool metilico o volgarmente spirito, è un forte aggressivo. Il buffo è che per l’organismo umano le cose vanno al contrario. Mentre il secondo è quasi innocuo il primo è pericoloso per inalazione. Comunque sia che non lo dovete bere o annusare lo sapete! L’alcool isopropilico lo trovate nei negozi di ottica o in qualche mesticheria specializzata. Costa relativamente poco e, per quanto ve ne serve, l’acquisto di una confezione vi basterà tutta la vita.

Per usarlo prendete, questa volta è tassativo, della carta per pulizia ottica e inumidite appena la superficie della carta stessa. Passate come visto per la pulizia meccanica la carta sulla lente partendo questa volta sempre dal centro verso i bordi e cambiando la carta non appena si colora di quel color marroncino sudicio tipico di queste operazioni.

Questa procedura dovrebbe essere eseguita ogni uno o due anni, mai più frequentemente. Se vi fosse bisogno di una pulizia più frequente, o siete dei veri porcelli, o non avete comprato il tappo per le ottiche.

 

 

Pulizia professionale

 

Ci sono casi in cui le lenti, gli specchi o quant’altro, sono sporchi in maniera davvero eccessiva.

Penso a quegli strumenti, comprati d’occasione, e magari stati anni in soffitta, che sono in condizioni quasi miserevoli di pulizia. In questo caso, il consiglio che vi do è quello di fare un pianto e un lamento, come si dice a Firenze, e rivolgervi ad un professionista dell’ottica. Spenderete qualcosa di più sicuramente che non a farvi il lavoro in casa ma il risultato sarà tutt’altra cosa e di rischi non ne correrete quasi punti. Ovviamente dipende dallo strumento ma, sinceramente, prima di smontare un Maksutov o un tripletto apocromatico, magari in olio, io ci penserei non due ma sedici volte.

 

 

 

 

Paolo Lavacchini

 

p.lavacchini@tin.it