Ultima modifica 14/02/2004
Il medico pietoso
Introduzione
C’è una cosa di
cui non vorrei parlare ed invece occorre farlo, visto anche certe cose che si
leggono sui forum e che fanno rabbrividire. Ma quando
si ammalano i pesci cosa bisogna fare?
Ci sono diverse
scuole di pensiero che io, lo dico francamente, ho seguito un po’ tutte in
venti anni e passa di hobby.
In pratica,
purtroppo le conseguenze di questa esperienza non sono
delle migliori e vedremo perché.
Innanzi a tutto
vediamo cosa vuol dire un pesce malato. Ci sono diversi casi, si và dal
semplice pesce disappetente o timido che si nasconde da qualche parte a quello
che non nuota più e rotola sul fondo come una foglia morta boccheggiando.
Occorre quindi farsi una idea di cosa abbia il pesce
prima di agire. Magari consultando su internet qualche sito specifico sulle
malattie dei nostri amici. Ovvio che ognuno di questi casi va trattato a suo modo ma rimane il fatto che qualcosa occorre fare.
I medicinali
La prima volta che li usai
era per un attacco di Ichtyo in una piccola colonia di Botia. Dopo che i primi due ne erano
stati attaccati comincia con un prodotto specifico ultra garantito dal
venditore. Il risultato fu che, dopo due settimane tutti
i Botia erano morti e due terzi degli altri pesci
boccheggiavano. Già perché per curare i pesci occorre saturare l’acqua di
medicinale, non potendo dargli le pillole o fare una iniezione
ad ognuno dei malati. Un disastro. Oltre a tutto la cosa
costa un occhio e i risultati sono spesso pessimi. Occorre ricordare che i
medicinali contengono sostanze che possono, entro certi limiti, essere
impossibili da eliminare dall’acquario se non dopo messi o addirittura anni di
cambi d’acqua. Si pensi che certi medicinali, con base al rame, si intrufolano nel fondo e li rimangono per sempre! Ne vale
la pena?
La pietà
La pietà è il primo
sentimento che ogni vero acquariofilo prova per i
suoi amici. Si cerca quindi di lasciare i pesci dove sono e sperare di trovarli
guariti il giorno dopo o morti in un posto dove si possano recuperare. Molto
bello a dirsi ma…
In realtà ciò non accade. Si
consideri poi che spesso le malattie sono contagiose. Ad esempio, per aver
voluto lasciare in vasca una femmina Guppy malata
probabilmente di Tetrahymena corlissi mi sono trovato con 6 pesci con la stessa
malattia in una settimana. La pietà per uno è costata la vita ad altri 5
animaletti che potevano vivere tranquilli per molto altro tempo. Che fare allora?
Il boia
Ci sono casi, e
sono frequenti purtroppo, in cui i pesci non sono curabili. Classico è il caso
ad esempio dei tumori nei Guppy, per non parlare
delle emorragie cutanee. In questi casi il pesce sta male, e lo
si vede, patisce, non nuota più come vorrebbe, si isola, si trascina sul
fondo. Qui è una questione personale sul come agire. L’eutanasia può essere rigettata in toto dalla propria mentalità oppure essere considerata una alternativa possibile. Poiché
succede diciamo subito che il metodo orribile usato da qualcuno di buttare i
pesci, ancora vivi, nel wc è una bestialità
inaccettabile. Una crudeltà di cui mi sono meravigliato.
Se proprio
vogliamo interrompere la vita dei nostri amici sofferenti ci
sono metodi più “accettabili”.
Il primo forse anche il più sofisticato è
mettere i pesci in una tazza con poca acqua e somministrare loro alcuni cc di alcool. Questo li stordisce abbastanza. Dopo alcuni minuti versare nel contenitore un acido o una base
potenti, tipo Viakal o varechina, in dose massiccia.
Il o i pesci moriranno in pochi istanti senza soffrire più che tanto. E’ triste
ma è così. Altro metodo, che non apprezzo, è mettere i pesci in vasetto e
riporlo nel freezer. Il metabolismo si abbassa fino al punto di spengersi, ma
che il pesce non soffra, nel buio e nel freddo del congelatore è tutto da
dimostrare. Non mi piace. Altro sistema è quello di far bollire dell’acqua in un
pentolino e versarla di colpo nella ciotola dove si sono messi i pesci malati.
La morte è quasi istantanea ma è un sistema, anche questo, un po’ truculento
anche se forse il più immediato e se vogliamo caritatevole.
Conclusione
Ho pensato a
lungo prima di pubblicare questo articolo se fosse o
no il caso di parlarne. Poi, letto in un forum di gente che buttava i pesci
vivi nel water close di casa
mi sono detto: è no, questo no! Allora, se proprio dobbiamo eliminare i nostri
amici sofferenti, almeno usiamo sistemi “umani” per quanto umano possa essere uccidere un essere che è ancora vivo. Il
consiglio che personalmente vi do è quello di
aspettare a fare azioni
di questo genere fino a quando non si dimostri impossibile un miglioramento. Ma se, come spesso accade, la cosa
degenera non fate come il medico pietoso che, come dice il
proverbio, fece la piaga puzzolente. Agite, prontamente e vedrete che
gli altri pesci ve ne saranno grati. In fondo, ve la dico
tutta, anche io se fossi in una simile condizione
vorrei che qualcuno, amorevolmente e senza violenza, mi staccasse la spina. E’
un modo di vedere ed ognuno ha il suo.
Paolo Lavacchini